Last taxi driver - Recensione
Diciamo la verità. Appena salito sul taxi di Lou, ti viene voglia di tapparti il naso. E di sederti contro la portiera, perché quella macchia sul sedile è sospetta - qualsiasi cosa sia, meglio non entrarci in contatto.
In più Lou abbandona la strada principale e si infila nei quartieri più malfamati che il delta del Mississippi ha da offrire. "Una scorciatoia" dice lui. Tu intanto speri che la portiera sia ben chiusa. E che il tizio nel pickup alle spalle, al quale Lou ha appena mostrato il dito medio dopo una guerra di clacson, non scenda al prossimo semaforo armato di crick. Lou sembra leggerti nel pensiero: "Tranquillo, ho una pistola."
Appena smette di strombazzare attacca a parlare: è uno scrittore, dice, uno scrittore fallito. Ha provato anche a fare l'insegnante ma è stato licenziato per colpa di una rissa da bar durante la quale ha steso un figlio di papà con una testata. È la sua specialità, la testata: una tecnica allenata sui campi di calcio, imitando gli idoli della sua squadra preferita, il Barcellona.
All'inizio preghi che chiuda la bocca al più presto, perché il fiume di parole - e parolacce - che ne esce non ti interessa: vuoi solo arrivare a destinazione sano e salvo. Poi però ti racconta del suo passato, dell'anno maledetto in cui suo figlio è finito in coma e lui si è fracassato la clavicola schiantandosi in Vespa, dei passeggeri che trasporta - una collezione di disperati tra tossici, criminali, anziani in fin di vita - e le sue storie cominciano a far breccia nel tuo cuore. Ce n'è per tutti i gusti: un minuto sei piegato dalle risate, quello dopo ti ritrovi ad asciugare una lacrima.
Quando arrivi a fine corsa, vivo per miracolo dopo due collisioni sfiorate e un possibile avvistamento di UFO (no, non scherzo), vorresti dirgli di tenere il tassametro acceso e continuare il giro. Anche se ormai hai appurato che quella macchia sui sedili è proprio sangue. Ma lui deve andare, gli tocca recuperare un poveraccio che è stato scaricato dall'ospedale perché non poteva più pagare le cure.
Scendi, lo guardi ripartire e ti senti scombussolato: sai che le storie di Lou ti rimarranno in testa per mesi. E quella dell'opossum, be', quella non la dimenticherai mai.
Per fortuna, se vuoi farti un'altra corsa, non devi nemmeno tornare nel Mississippi. Last taxi driver di Lee Durkee offre i suoi servizi anche in Italia, grazie a Black Coffee edizioni e al traduttore Leonardo Taiuti. 
PS: il capitolo sui consigli di guida vale da solo il prezzo del libro.​​​​​​​
Luca Brunoni è uno scrittore Svizzero, autore dei romanzi Silenzi (Premio Leggimontagna 2020) e Indelebile.

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